Il derby di Milano è per antonomasia la partita dell’imprevedibilità. Nel senso che non c’è continuità o consapevolezza o pregresse dimostrazioni di forza per partire favoriti o, in ogni caso, con qualcosa in più a disposizione per vincerlo, il derby. Si veda il match di novembre scorso: rigore di Calhanoglu, autogol di de Vrij, errore di Lautaro Martinez dal dischetto che ancora adesso nell’ambiente interista nessuno riesce ad accantonare.
Sì perché i punti di distanza dai rossoneri, sempre con la partita da recuperare a Bologna, sarebbero 7 e non ‘soltanto’ 4. “Saranno motivazioni ed episodi a determinare questa partita e noi dovremo essere bravi a portarli dalla nostra”. Inzaghi l’ha preparata così questa partita, con quel bisogno, con quella necessità di estendere la concentrazione sulla partita in maniera totale. Anche perché il Milan, come l’Inter, non è quello dell’andata.
E’ vero che si concede svarioni inspiegabili (vedi Sassuolo e Spezia), ma un bel passo in avanti pur senza mercato di livello la squadra di Pioli lo ha fatto, rispetto all’anno scorso. Dall’altro lato, l’Inter di Simone, in attesa di Gosens e del ritorno del Tucu Correa, ha un Caicedo in più da utilizzare sul gong: una specialità che nei derby, soprattutto, può tornare utile. Anche perché i prossimi avversari dei nerazzurri si chiamano Roma, Napoli e Liverpool. Vincere il derby ha i contorni della spinta giusta, della spinta che serve.