Sette punti in altrettante partite sarebbero certamente state allarmanti per chiunque si fosse seduto sulla panchina dell’Inter. Simone Inzaghi ha pagato i risultati nel paese dove il risultato regna e prende sempre, o quasi, il sopravvento. Perciò nelle ultime due settimane si sono sprecate le voci di un potenziale addio al tecnico piacentino a fine stagione. Tante voci, troppe voci.

Alla domanda secca sul suo stato di preoccupazione pensando al futuro, Simone in conferenza non ha neanche risposto. Lo ha fatto, ma portando la luce su altri concetti: determinazione, episodi, voglia di sterzare, la vera Inter. Quella dello Stadium forse non lo è stata, anzi per lunghi tratti se n’è rimasta rintanata ad aspettare la Juventus, eppure il risultato – ecco, appunto, dice che l’Inter ha vinto.

Soffrendo, correndo all’indietro, correndo sempre. Capitalizzando il rigore di Calhanoglu, battuto due volte. Restando attaccata alla partita di fronte ai legni bianconeri, con la fame che deve avere una squadra da scudetto. Nel giro di 24 ore Inzaghi passa dall’essere allenatore sacrificabile, al condottiero di cui l’Inter ha bisogno per restare in scia di Milan e Napoli. Doveva essere la sua notte, lo è stata. Una notte d’oro.

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